Immobiliari, soglie critiche
Non ci sono solo le nuove regole sulla disciplina Iva. La stretta fiscale sulle imprese immobiliari, contenuta nel decreto legge 223/06 (la manovra bis, all'esame del Senato per la conversione in legge, come riferiamo nella pagina precedente), passa anche attraverso l'inasprimento dei parametri imposti alle società non operative. Un inasprimento che, salvo modifiche dell'ultima ora, rischia di essere penalizzante per tutto il settore.L'articolo 35, commi 15 e 16, ha aumentato le percentuali per la determinazione del l'ammontare dei ricavi presunti che la società deve rispettare per non essere considerata "di comodo". Come pure ha innalzato le percentuali per la determinazione del reddito minimo.Inoltre, alle società non operative non è consentito compensare il credito Iva e ne viene addirittura previsto l'azzeramento se non vengono eseguite operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.La disciplina sulle società non operative (articolo 30 della legge 724/1994) si applica a tutte le società di capitali e di persone, escluse le società semplici, nonché alle società ed enti non residenti con stabile organizzazione in Italia.La manovra bis porta dal 4 al 6% il parametro da tenere in considerazione per la determinazione del ricavi presunti, relativamente ai beni immobili.La base di calcolo è rappresentata dal costo dell'immobile, considerato, ai sensi dell'articolo 110 del Tuir, al lordo degli ammortamenti. Sia il valore dei beni che i ricavi effettivi da confrontare con quelli presunti, vengono assunti in base alle risultanze medie dell'esercizio e dei due precedenti.La nuova norma prevede quindi un aumento dei ricavi presunti nella misura del 50% in confronto a quelli determinabili in base alla precedente disciplina.Se la società immobiliare non raggiunge il limite di ricavi fissato dalla manovra bis, compreso l'incremento delle rimanenze, è obbligata a dichiarare un reddito minimo pari al 4,75% del valore dell'immobile e in questo caso l'aumento del reddito è pari a quasi il 60%, in confronto a quello determinabile prima delle modifiche (prima il parametro era il 3%).L'aliquota del 6% per determinare i ricavi presunti, per gli immobili, non corrisponde, però, agli affitti correnti di mercato. Potranno risultare congrui i ricavi delle società che detengono i fabbricati da molto tempo e quindi con un costo iscritto in bilancio modesto. Per gli immobili acquistati di recente è, invece, molto difficile che le società possano conseguire ricavi superiori a quelli presunti.Se la società risulta non operativa, oltre alla determinazione del reddito minimo, scattano altre penalizzazioni. In primo luogo, l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione Iva, oltre che non rimborsabile, come previsto dalla vecchia normativa, non può nemmeno essere compensato con gli altri tributi, contributi e premi, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 241/1997.Inoltre, il nuovo comma 4 dell'articolo 30 della legge 724/94 dispone che se per tre periodi d'imposta consecutivi la società non operativa non effettua operazioni rilevanti ai fini Iva (cessioni di beni o prestazioni di servizi), non inferiori all'importo corrispondente a quello dei ricavi presunti, l'eccedenza di credito non è più riportabile a scomputo dell'Iva a debito relativa ai periodi d'imposta successivi. Questo significa che la società perde il credito e lo dovrà imputare in bilancio fra le sopravvenienze passive, che, però, sono almeno deducibili ai fini delle imposte dirette. La norma dovrebbe essere interpretata nel senso che se in un anno la società raggiunge il fatturato minimo, per i successivi due non perde il credito Iva.Altro aspetto molto penalizzante per le società riguarda l'applicazione della particolare disciplina, anche in presenza di soggetti che non si trovano in un normale periodo di imposta.Ad esempio, se una società non riesce a svolgere l'attività in assenza delle autorizzazioni amministrative, non può invocare tale circostanza. Sembra addirittura che una società in liquidazione volontaria possa essere considerata società di comodo e ciò sembra davvero assurdo, se si considera il divieto di svolgere operazioni attive durante la procedura.L'unico rimedio è rappresentato dalla possibilità di richiedere, mediante interpello, al direttore regionale dell'agenzia delle Entrate, la disapplicazione della disciplina delle società non operative (articolo 37 bis, comma, Dpr 600/73). L'istanza dovrà essere espletata appena concluso il periodo d'imposta affinché la società possa regolarsi per tempo nella determinazione dell'Ires d'esercizio.Il decreto legge 223/06 dispone anche l0aumento della percentuale per la determinazione dei ricavi presunti e del reddito minimo con riferimento ai titoli, partecipazioni e crediti risultanti in bilancio: i nuovi parametri sono del 2%, per il calcolo dei ricavi, e del 1,5%, per il reddito.
fonte: Casa 24