Per le spese si lavora 22 giorni al mese
Per la crisi stanno stringendo la cinghia ma devono aspettare ancora due giorni di lavoro: solo dopodomani i coniugi Rossi, sposati con due figli, avranno infatti finito di lavorare per pagare i consumi della loro famiglia. Poi, da giovedì 23, le loro otto ore di lavoro quotidiane per altri otto giorni serviranno a metterli in regola con il pagamento delle tasse. E a conti fatti, in questo mese di ottobre - come, del resto, per tutti gli altri undici - il tempo dedicato al risparmio si riduce a un paio d'ore. A calcolare il «calendario della spesa familiare» è una ricerca realizzata da Il Sole 24 Ore/Centro Studi Sintesi, in base alla quale a una famiglia con due figli servono, appunto, 22 giorni di lavoro ogni mese per saldare tutte le spese per alimentari, abbigliamento, bollette, trasporti e così via. Per una coppia con un solo pargolo, invece, la scadenza arriva un giorno prima, il 21 di ogni mese. Proiettati su tutto l'anno, i giorni della "liberazione dai consumi" sono il 10 settembre per chi ha un solo bambino e il 21 dello stesso mese per chi ne ha due. E anche sul fronte del risparmio se si considera l'intero anno la differenza tra le due tipologie di famiglie si sente: chi ha un bambino riesce ad accumulare 8,6 giorni dedicati al risparmio, mentre chi ne ha due si deve accontentare di una giornata e mezzo. Senza dimenticare che si fa sentire anche la congiuntura difficile, perché un anno fa le giornate "al di là delle spese" erano 3,6 in più per tutti i due tipi di famiglia. Va poi ricordato che, al di là dei dati medi, negli ultimi mesi è cresciuta la quota di quanti hanno maggiori difficoltà ad arrivare alla fine del mese. La maggior parte del nostro tempo, sei giorni al mese e più di 70 all'anno, viene impiegata per pagare l'affitto della casa e le utenze. Sia per le famiglie con un figlio che per quelle con due, i giorni di lavoro necessari sono due in più rispetto allo scorso anno. Aumenti ci sono stati, come prevedibile, anche per le altre due voci principali: per la spesa alimentare una famiglia deve lavorare un giorno in più all'anno, 46,5 giornate se si è in tre e 50,4 se si è invece in quattro. Anche i trasporti e le comunicazioni richiedono nel complesso quasi un giorno in più di lavoro rispetto a un anno fa, con il risultato che all'auto e al telefono "immoliamo" poco meno di 50 giorni ogni dodici mesi. Sono invece stabili, con qualche limatura di lavoro nell'ordine di una pausa pranzo, categorie di consumi che richiedono intorno ai 15 giorni di impiego, come l'abbigliamento, l'arredamento e il tempo libero, così come la sanità, per la quale dobbiamo faticare dieci giorni all'anno. Lo sforzo per le cure mediche appare decisamente basso se si allarga lo sguardo al di là dei confini nazionali. Una ricerca curata dall'istituto americano "Tax Foundation" ha infatti stimato in 50 i giorni annui che i cittadini statunitensi devono lavorare per le proprie spese sanitarie. I consumatori americani, rispetto a quelli italiani, si danno da fare di più anche per pagarsi le attività nel tempo libero, mentre impiegano meno tempo per permettersi i consumi nell'abbigliamento, per la casa e soprattutto per cibi e bevande. Quanto al capitolo tasse, gli italiani lavorano - in teoria - poco meno degli americani per saldarle, 8 contro 9 giorni, anche se il dato tiene conto solo delle imposte e tasse dirette e non di quelle indirette, come l'Iva, che viene conteggiata tra i consumi. Tra il 2007 e il 2008 i giorni necessari per regolarsi con il Fisco sono aumentati all'incirca di una mezza giornata, sia per le famiglie con un figlio (ora a quota 101,1 giorni) sia per quelle con due figli (97,8 giorni). Una crescita, come rivela la ricerca, che è il risultato, nonostante il taglio dell'Ici, di un aumento reale dell'addizionale Irpef comunale e della tassa per i rifiuti nelle città prese a campione. C'è poi anche un "effetto ottico", che determina questo aumento: il reddito considerato delle famiglie è aumentato e così l'Irpef, che è un'imposta progressiva, è cresciuta ancora di più
fonte: Il Sole 24